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Hilde Lotz-Bauer
Umberto Baldini, Introduzione alla Architetture Fiorentine 1977

Carissimi amici, poche parole per introdurre una presentazione di fotografie, che del resto poi avete già avuto modo di ammirare; quindi, in un certo senso, più che una introduzione vera e propria, é anche, vorrei dire, una specie di ripensamento insieme che possiamo fare, dopa che avete visto già di che cosa si tratta.

La fotografia oggi é diventata veramente, in questi ultimi tempi soprattutto, un mezzo e un atto importante del nostra vivere; mai, direi, come in questi ultimi anni si pubblicano libri con fotografie che ricordano tempi più o meno lontani. Del resto, anche il nostro quotidiano maggiore qui a Firenze, la Nazione, ha fatto in questi ultimi anni proprio dei servizi fotografici, dei supplementi speciali con grossi volumi, attraverso i quali si é potuto, diciamo, passare in rassegna visiva tutto un mondo passato che ha girato intorno alIa nostra città. Libri splendidi di fotografie sono stati anche pubblicati di recente, anche proprio sempre riguardanti la nostra città, il nostro ambiente, quello su [xxx] proprio in questo stesso momento, nello stesso Palazzo Strozzi c’é una bellissima rassegna di personaggi e artisti della nostra Firenze attraverso le fotografie dei Barsotti.

Quindi c’é in tutta questa serie di fotografie, vorrei dire, proprio questo saper cogliere il fascino di quello che non c’é più, di quello che ci fa diventare, anche nella memoria e anche se é passato molto tempo, dei testimoni che ci sembra di essere importanti perché ci siamo stati, perché noi ci si era, noi ci si ricorda, noi abbiamo la memoria di quello. Quindi la nostra partecipazione, anche se é soltanto una partecipazione che in fondo può essere anche sol tanto di dieci anni fa, ci sembra ormai una partecipazione lontana, attraverso proprio la lettura di queste fotografie; laddove proprio i personaggi che vi si agitano e vi sono fissati, sono di solito uomini, uomini che, appunto, essendo malauguratamente troppo transeunti, precipitano rapidamente, diciamo, nel loro percorso e si mutano cosi talmente che dieci anni ci sembrano proprio una eternità, non ci si riconosce più. Quindi, questo fascino che leghiamo a queste fotografie, dove di solito si agitano questi personaggi, é proprio il valore di quello che non c'é più, il valore di quello come era, come non é più.

Ecco, io direi che invece proprio la mostra, o meglio, la presentazione di queste fotografie che illustrano gli aspetti, certi aspetti, della nostra città, fatte appunto, presentate questa sera nel cortile di Palazzo Strozzi, sembra proprio rovescino questo modo di essere, di vedere, di avere un ritratto fotografico. Direi che quello che vediamo, anche se é stato ritratto ormai qualche decennio fa, non é tanto una cosa che non c’é più, come era e come non é più, ma vorrei dire, come era, come é e come sarà, proprio perché questa Firenze é stata colta proprio nella sua realtà specifica, nel suo volto preciso che, vorrei dire, in fondo é senza tempo, che é di ieri, di oggi e di sempre, proprio perché, a proposito direi quasi, vi sono stati tolti di mezzo quelli che sarebbero stati gli indici, invece, di quello del fu, cioé gli uomini. E allora la città vi appare proprio nella sua individualità, nella sua incorruttibile e indistruttibile, nonostante tutto, situazione, nel suo volto preciso, secolare.

L'architettura, diceva proprio Friedrich Kriegbaum, vive più a lungo delgi uomini; e direi che questa é proprio la testimonianza diretta che possiamo cogliere attraverso queste fotografie, che proprio Friedrich Kriegbaum volle per mettere insieme un numero di immagini che avrebbero dovuto servire per illustrare Firenze, per fare cioé un volume su Firenze. Kriegbaum é stato un grosso personaggio nel campo degli studi della storia dell'arte nella nostra città. Giovanissimo fu a Firenze borsista gia nel '26, per poi lasciare la città per andare a Berlino, dove fu docente universitario fino al '35, anno in cui rientrò proprio a Firenze dove, dal '37 fino alla sua morte, fu direttore del gloriosissimo Istituto Germanico di Storia dell'Arte. La sua morte avvenne, come qualcuno di voi ricorderà, il 7 settembre del '43 proprio per un evento bellico, cioé per un bombardamento. Un uomo che, oltra ad amare Firenze in un particolare momento estremamente delicato e difficile della sua vita, nei rapporti soprattutto politici del momento, seppe difendere anche i1 patrimonio artistico fiorentino in accordo, in rapporto con l'allora sovrintendente Poggi, tanto da meritarsi la cittàdinanza onoraria di Firenze.

Ma al di là dei suoi meriti di uomo stanno proprio questi meriti di studioso, questi meriti attraverso i quali seppe approfondire certi, tanti rapporti di valora storico e artistico della nostra città, che soprattutto amava proprio per quella cha era la sua realtà plastica, vorrei dire, per questa sua verità e questa volto quasi incorruttibile, per cui appunto, proprio nel cogliere gli aspetti della città, volle insistere anche in quello che sarebbe stato il suo libro sulla città, dal volta proprio, diciamo, urbanistico della città.

Voi avete visto che, praticamente, i principali palazzi sono stati fissati dall'obiettivo : chiaro che fu un lavoro ehe non andò a termine e quindi, pertanto, quello che noi oggi vediamo é soltanto un inizio, direi una bozza, una grossa bozza di un lavoro. Ma avrete visto che i principali aspetti della città, attraverso i suoi palazzi, sono già quasi tutti rappresentati. Però rarissimamente si vede il monumento a sé stante; quasi sempre, diciamo, la ripresa fotografica inserisce il monumento nella sua realtà proprio urbanistica, nel suo tessuto organico della intera città, nella strada, nella piazza, nello slargo, in una serie, quindi, di prospettive dove l'abbraccio non si ferma soltanto in un rapporto analitico di un particolare, ma invece entra a far parte di una realtà assai più vasta.

E questa, direi, é la nota dominante, é importante, che fa proprio quello che si dieeva prima, cioé non fa diventare vecchia la realtà di questa città, né la fa diventare soltanto un fatto estetieo a sé stante dalla nostra realtà. L'uomo non c’é quasi mal, non ci si vede, c’é solo mi pare in una 0 due fotografie una carrozza, una carrozza addirittura con le tendine, antichissima, eppure non si nota come tale, non dà l'impressione che sia una cosa arcaica, entra a far parte di una realtà che, appunto, é capace di inglobare anche questa semplice fatto umano, transitorio. E laddove, appunto direi, non c’é la figura umana, non c’é solitudine, non c’é morte: c’é invece proprio vita, in questo rapporto preciso di una realtà per la quale noi entriamo in campo come precisi personaggi, che entrano in quella latitudine e in.quella disposizione a leggere questa nostra città.

Siamo noi che occupiamo la strada, siamo noi che occupiamo la piazza, siamo noi che entriamo in rapporto con quel palazzo. Siamo noi, cioé, dentro questa città, non é lontana da noi. E questo naturalmente non solo é un fatto positivo di lettura, che il Kriegbaum aveva estremamente capito, pienamente capito, ma é chiaro, diciamo cosi, che per essere realizzato aveva bisogno anche di chi queste cose potesse capire e vedere insieme, cioé chi potesse trasferire, attraverso proprio l'obiettivo, il momento dello scatto, della posizione, della luce, queste idee e queste sensazioni.

E qui appunto il merito é tutto della dottoressa Lotz-Bauer, che é alla mia sinistra e che ha meriti anch'essa nel campo della ricerca della storia dell'arte, e che é stata, però, più che altro una eccellente collaboratrice di illustri personaggi della cultura artistica internazionale, proprio perché nel colloquio con loro ha saputo cogliere le loro realtà, i loro desideri e tradurli proprio come lettura, più che illustrazione, dei fatti che essi volevano individuare e indagare.

E cosi, oltre che ad avere incominciato a realizzare questa lettura su Firenze, Friedrich Kriegbaum stesso fotografò tutte le sculture del Cellini nel giardino di Boboli, che Kriegbaum stesso presentò, se non sbaglio, la prima volta nella famosa mostra di Palazzo Strozzi, che purtroppo però durò pochi mesi perché fu chiusa per eventi bellici sopraggiunti; e ha collaborato con Valentiner, col quale ha fatto tutta la documentazione, tutte le sculture della facciata del duomo di Ferrara; col Degenhart per il suo Corpus Ziechnungen; l'amico Middeldorf per quelli che sono i disegni degli Uffizi e così via, con la dottoressa Brunetti e per altre persone, diciamo cosl, dell'ambiente fiorentino, con le quali é venuta in contatto, anche se, insomma, Firenze é stata si poi non la sua sede definitiva, perché ha girato un po' il mondo: é stata, oltre che naturalmente nella nativa Germania, é stata in Austria, poi a Roma, negli Stati Uniti, ma ora da un pezzo é fiorentina.

E proprio a Firenze vuole, ha voluto fare questo omaggio di questa lettura di queste fotografie, che purtroppo non hanno le lastre, sono ormai, diciamo, degli unicum irripetibili che appunto la dottoressa mette a disposizione degli studiosi; ma prima di consegnarle all'Istituto Germanico Fiorentino & alla Hertziana di Roma, ha voluto fare proprio questa omaggio ai cittàdini di Firenze. E appunto, dicevo, questa omaggio noi lo apprezziamo volentieri, proprio perché ci presenta una città che vale non tanto per quello che era e che ora non é più; certamente vediamo molto volentieri e con una certa emozione le splendide fotografie sul ponte a Santa Trinità, che sappiamo non é più; vediamo ugualmente con tanta emozione tutte quelle strade intorno al Ponte Vecchio che hanno mutato e modificato la loro realtà a seguito degli eventi bellici. Eppure, direi, che nel tessuto della città, proprio anche queste cose che non ci sono più sembra che ancora esistano, proprio perché entravano, non in forme isolate, ma entravano a far parte di un tessuto che, fortunatamente, é ancora rimasto, anche se con qualche strappo abbastanza leggibile e abbastanza valido.

Un paio di anni fa, mi ricordo di avere scritto sulla Nazione un articolo che intitolai: "Brunelleschi e la Zona Blu"; un articolo che altro intendimento non aveva che quello di vedere in quale modo potevamo riconquistare i valori, direi, del Brunelleschi e della nostra città, in quale rapporto, cioé, noi potevamo di nuovo tomare; e consigliavo, appunto, proprio in omaggio al Brunelleschi del quale appunto alcuni anni dopo, oggi in questa stesso anno, avremmo celebrato il centenario, di vedere un po' di liberare questo centro dal traffico, proprio perché di nuovo diventasse un luogo di vita delle persone, per il nostro rapporto quotidiano non tanto normale, quanto nel rapporto con questa realtà in cui ci sentiamo e ci dobbiamo inserire. E sostenevamo naturalmente che una Zona Blu, se avrebbe portato via il traffico, non avrebbe certamente fatta la morte della città; direi che le fotografie lo dimostrano proprio: avete visto non c’é nessuno e la città non é una città morta, anzi, é una città vivissima, una città limpida, una città nitida che immediatamente entra in rapporto con noi; non una citta disumana, non una città asettica, ma una città umana. Quindi questa lettura potrebbe essere forse anche un modo per una meditazione su quella che é la nostre città, che cosa é appunto questa rapporto che noi dovremmo avere.

Non penso che il mio articolo sul Brunelleschi e la Zona Blu abbia sortito effetti positivi, tant'é vero che in questo frattempo addirittura vi sono stati dei pericoli per la cupola e il traffico viene fatto girare un po' al largo, con cautela, però solo la mattina perché la notte, la sera si può fare anzi rapidamente qualsiasi percorso anche automobilistico sul tipo di Indianapolis, ché tutto va bene, non c’é nessun pericolo.

Questo volevo dire proprio in commento, vorrei dire, a queste fotografie e, terminando queste mie poche parole introduttive, al di là del ringraziamento naturalmente che faccio, anche a nome di tutta Firenze, alla dottoressa Lotz, desidererei esprimere da questa luogo, più o meno ufficialmente messo, il ringraziamento al Comune per l'aiuto che ha dato, per l'esposizione di queste fotografie, al Gabinetto [xxx], naturalmente, al suo direttore Alessandro Bonsanti che ringrazio, proprio dato che me ne ha data l'occasione, al di là anche di questo incontro, per quei suoi corsivi, che proprio in questi giorni ha fatto sul nostro maggiore quotidiano, in difesa della fiorentinità, non certamente provinciale e petulante, ma viva come desideriamo che sia, con gli uomini, anche quando non si vedono. Grazie.

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