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Hilde Lotz-Bauer

Orme di Donna

Orme di Donna

English textCorinna ricorda sua madre

Arrivata a Scanno pochi anni dopo M. C. Escher e due decadi prima di Henri Cartier-Bresson, mia madre non solo fu la prima donna che scatto' a Scanno, come graziosamente la defini' Italo Zannier ne Il Sole, ma seppe catturare in modo singolare lo spirito della gente, utilizzando un senso classico della composizione e dell'inquadratura per creare immagini iconiche di persone e paesaggi.

La maggior parte dei soggetti di Hilde sono donne. Donne al lavoro fuori dalle porte delle loro case. Ragazze piegate agli angoli delle strade che offrono mucchietti di lumache – pesate a manciate invece che a grammi. Donne che portano sulla testa catini pieni di panni lavati da mettere ad asciugare all’aperto su cataste di legna. Donne che salgono in fretta le montagne portando fascine sulla testa, e gonne alzate alle ginocchia. Nella piazza di un paese stanno mescolando un calderone bollente con dentro foglie di frassino per tingere la lana delle gonne. Nannarone Teo Pista che sta portando l’acqua in una bacinella di rame pesante appoggiata in equilibrio sulla sua testa, si ferma un momento vicino ad una giovane donna con in braccio un bambino, mentre ai suoi piedi scorazzano delle galline.
 
Lia Rotolo è in mezzo alla strada, impeccabilmente eretta e tiene in equilibrio una tavola di legno enorme pieno di una decina di forme di pane, mentre un gruppo di ragazzi la stanno a guardare. Una giovane contadina, con la camicetta accuratamente rimboccata, sta vicino al suo neonato che ha come culla una cestina di legno. Talvolta le donne, sedute sui gradini e ai bordi delle meravigliose strade ciottolate di Scanno, si riposano. Evelina Di Rocco sta ricamando un pizzo seduta sulla soglia di casa illuminata dal sole. Un primo piano ammaliante ci permette di guardare di sfuggita dentro gli occhi di Adelgise Pazzo.
 
In una sequenza di scatti celebrativi, le donne di Scanno tra cui Pierina Mastroggiogianni, Filomena Dallisandro, Ermellina Paletta, Enia Pizzacalva e Olga Santilli, mettono in mostra i loro vestiti da festa, le acconciature, i grembiuli di seta e i gioielli raffinati, le stupende gonne di lana pesante plissettata, le maniche ampie e i corpini stretti abbelliti con soffici drappeggi che le rendono di una bellezza statuaria. E quando la statua della Vergine viene solennemente trasportata a spalle, accompagnata da preti e dignitari, e salutata da uomini in divisa, si percepisce tutta la tensione di una processione religiosa. Hilde è capace di catturare le donne all’uscita dalla chiesa e i giovani uomini che gironzolano intorno a loro, in un contrasto tra l’elegante modernità della gioventú e la severità dell’abbigliamento tradizionale femminile.
 
Fu proprio in Italia che mia madre diventó una libera professionista utilizzando la sua bravura come fotografa e il suo occhio di storica dell’arte per guadagnarsi da vivere. Viaggió attraverso l’Italia e la Sicilia per quasi una decina di anni immortalando pezzi di architettura, artefatti, sculture e disegni che le venivano commissionati da storici dell’arte e portando con sè una macchina fotografica Linhof  9 x 12 o 13 x 18 con pesanti lastre di vetro. Per un suo uso personale, piú informale e creativo usava la modernissima e super-maneggevole Leica, e catturava persone e scene di vita nelle campagne e nei paesi.
 
I soggetti fotografati sembrano essere ignari della presenza del fotografo, poiché sono concentrati nelle loro azioni o sono impegnati a parlare tra loro. Come sia stata capace di ottenere questa anonimità rimane un mistero. È probabile che la sua piccola macchina fotografica Leica era talmente poco diffusa a quell’epoca che in quei paesini sperduti di montagna le persone non si rendevano neanche conto di essere immortalate da un obiettivo. Ma non c’è dubbio che uno degli scopi di Hilde fosse quello di raffigurare il mondo cosí com’era, non colorato dai suoi sentimenti e dalle sue emozioni personali.
 
È stato solo recentemente nel 2006, a circa 70 anni di distanza, che grazie alla straordinaria memoria di Filomena Quaglione è stato possibile iniziare a identificare i personaggi di queste fotografie. Sono certa che mia madre sarebbe profondamente commossa e onorata dal fatto che il suo lavoro stia per essere riconsegnato alle persone che l’hanno reso possibile.
 
Nata a Monaco di Baviera, Hilde ha vissuto in diverse nazioni e continenti nel corso della sua lunga vita. Nei primi anni del 1930 si trasferí a Roma grazie al conseguimento di una borsa di studio. Da allora in poi l’Italia l’ha incantata e divenne la sua vera casa. Non era altro che contenta di lasciare la “Capitale del Movimento” (Haupstadt der Bewegung), come i Nazisti chiamavano Monaco. Solo successivamente si rese conto che era stata una delle ultime persone a ricevere una borsa di studio senza essere costretta ad iscriversi al partito Nazista. In Italia incontró i due uomini della sua vita, Bernhard Degenhart e Wolfgang Lotz, e perseguí la sua carriera di fotografa.
 
Nell’Italia di Mussolini erano tempi duri per molte persone, anche per studenti come la giovane coppia Degenhart: “siccome avevamo pochi soldi per questi viaggi in Italia e Francia, dovevamo fare economia e risparmiare su tutto,” scrisse nelle sue memorie molti anni dopo. “Arrivavamo in treno e Bernhard mi lasciava seduta sul binario della stazione con i nostril due bagagli enormi mentre lui andava in giro nei paesi a cercare un hotel o una pensione a pochi soldi. Fu la prima volta che mi toccó cucinare tutti i giorni. Siccome in quei tempi solo poche persone avevano un frigorifero, andavo a comperare il cibo di mattina e poi ancora di sera.”
 
Hilde si avvicinó agli scritti di Ignazio Silone, abruzzese di nascita, il cui libro Fontamara si era diffuso in un primo momento negli ambienti di lingua tedesca dove nel 1936, molto prima che venisse pubblicato in Italia, aveva già riscontrato un successo travolgente. Il libro di Silone divenne il vero simbolo della Resistenza in tutto il mondo e fu tradotto in 20 lingue. Mia madre potrebbe averlo letto in viaggio tra Monaco, Roma e Firenze. Le sue impressioni di quello che aveva visto nei paesi e nelle campagne italiane potrebbe benissimo essere stata colorata dalle storie di Silone e dalla profonda simpatia che esso mostrava nei confronti dei movimenti di liberazione umanitaria dai regimi dittatoriali.
 
Costretta dalle vicende della guerra, nel 1943 si rifugió in Austria con il suo piccolo Christoph, nato a Firenze. Dopo la capitolazione della Germania tornó a Monaco distrutta dai bombardamenti degli Alleati. Fu l’Anno Zero. Qui nacquero le sue due figlie Irene e Corinna. Nel 1953 seguí suo marito negli Stati Uniti attraversando l’Atlantico e lí crebbe la sua famiglia vivendo in diverse cittadine vicino a New York City. Un decennio successivo la famiglia attraversó l’oceano di nuovo e si stabilí a Roma.
 
Hilde da allora visse nel centro storico per quasi 25 anni. La sua vita sembró chiudere un cerchio quando, neo-vedova, ritornó a Monaco nel 1985. Nel corso di questi ultimi anni volle ritornare a Roma e Firenze diverse volte, sfidando una gravissima forma di artrite e di fatto la cecità. Le piaceva stare con i suoi amici piú stretti, uomini e donne che la conoscevano da piú di 50 anni. Desiderava anche rivivere gli odori, i gusti, le fontane, le strade i muri, il ciottolato e gli edifici e, non meno importanti, le persone di tutti i giorni – il popolino. Tra le varie forze e passioni che guidarono mia madre, il suo attaccamento all’Italia fu una delle piú forti. Ebbe una energia infinita nei confronti dei suoi figli, di suo marito, dei suoi amici. Ma l’Italia occupó un posto unico nel suo cuore.
 
Nel retro di una piccola foto Primo Natale a Roma del 1933 annotó meticolosamente il nome della proprietaria di casa, Signorina Fioretti, che quando soggiornó nella capitale per la prima volta le portava tutte le mattine un caffè espresso. Nel suo appartamento di Monaco, 50 anni dopo, appese una foto della medievale Torre dei Ramaglianti di Borgo San Jacopo a Firenze. Lei e il suo futuro sposo Wolfgang vissero lí durante la Guerra, in un piccolo appartamento all’ultimo piano, che avevano preso in affitto da una cara amica, Dr Alice von Platen Hallermund. Vicino alla foto della torre medievale teneva una foto incorniciata di un vecchio del paese con un sorriso spensierato.

pił testi di:

Angelo Cetrone

Tamara Hufschmidt

Daniela Stati

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Hilde biography

Mia madre ebbe una personalità sfaccettata. Fu una vera cosmopolita che viaggió il mondo, ma allo stesso tempo si preoccupó delle vite e delle sofferenze quotidiane delle persone che le stavano intorno. Fu un’amica, compagna e mamma fedelissima. Fu una persona sportiva, le piaceva giocare a scherma e sciare. Fu un’esteta che amava il moderno e il classico nell’arte, la musica, il design, la moda e tutte le forme di espressione creativa. La sua carriera da fotografa e le sue conoscenze di storia dell’arte si influenzarono a vicenda. Il suo attaccamento piú profondo ad un Paese fu senza dubbio quello con l’Italia, ma fu proprio lei, l’Italia, vissuta  nella sua esperienza di rifugiata, il posto dove trovó l’unione di due corpi e un’anima. Ecco perché scrisse la sua versione del famoso poema di Goethe del suo viaggio in Italia: Kennst du das Land wo die Zitronen blühen? Lei fece dell’Italia il suo Paese.


Corinna Lotz
Londra, Marzo 2008

Traduzione grazie a Paola Galli

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